Arte e Storia

FAVE E PITAGORA: MITI E LEGGENDE

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FAVE E PITAGORA: MITI E LEGGENDE

5ª/8 PARTE “LA LISTA NERA DELLE PIANTE “PROIBITE”

Come sappiamo da secoli, le leggende che circondano il pensiero filosofico e la concezione di Pitagora del mondo che lo circonda sono state rafforzate, probabilmente spinte dalla sua stessa scuola amante e incline ai simboli mistici e costumi esoterici.

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Ovviamente anche la difficoltà di trovare delle informazioni dirette ha contribuito ancora di più a nutrire queste leggende e miti. I dati verificabili sono scarsi e non esistono biografie dirette o contemporanee.

pitagora busto FAVE E PITAGORA: MITI E LEGGENDE

Gli scritti che si riferiscono alla sua vita furono trasmessi oralmente e raccolti dopo più di 150 e 200 anni dopo la sua morte, quindi ci sono grandi differenze e discrepanze tra di loro.

Come non potrebbe essere altrimenti, anche le famigerati fave sono diventate una parte importante dei miti che esistono attorno a Pitagora.

In effetti si diceva che Pitagora non li mangiasse ed essendo vegetariano come dicevano, questa affermazione è stata trasportata per lungo tempo come motivo valido per dare peso alle superstizioni attorno a questo umile legume.

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Ma come in quasi tutte le leggende di Pitagora, ci sono anche dubbi sull’interpretazione della sua poesia, in cui “ha raccomandato di astenersi dal mangiare fave“.

Secondo Aristóxenos sulla base delle esperienze del suo amico pitagorico Xenófilo, non era vero che i pitagorici non mangiassero fave.

Quella convinzione derivava da una confusione nell’interpretazione della parola “fave“, che in realtà si riferiva a “testicolo“. Parola ancora usata in Italia come parolaccia e insulto riferendosi a “coglione” o imbecille.

Questo a causa della sua somiglianza nella forma e perché era comune chiamarla così. Come interpretò Diogene Laercio, Aristotele disse che Pitagora li rifiutava a causa della loro somiglianza con questi organi.

Quindi nella poesia avrebbe potuto semplicemente raccomandare di “astenersi dai rapporti sessuali” e non di non mangiare fave.

Dal momento che “rimanere liberi dallo stato d’impurità” che causavano (secondo loro) i rapporti sessuali è stato anche un punto dell’insegnamento su cui Pitagora e i suoi seguaci incidevano abitualmente.

Quindi è anche probabile che si esprimesse con quella parola (fave), ma con l’intenzione di raccomandare la continenza nelle relazioni sessuali. È stato rivelato che Pitagora conosceva altre culture in cui le fave erano considerate un tonificante e in qualche modo afrodisiache.

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Pertanto era già stato “verificato” che le fave attivavano il desiderio sessuale. Naturalmente, ignoravano il loro alto contenuto nutrizionale, che era ovviamente il motivo per cui le fave rinvigorivano l’intero corpo in generale, compreso naturalmente l’aspetto sessuale.

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Plutarco, inoltre, disse che i Pitagorici non mangiavano fagioli, piselli o ceci, perché erano piante di morte e dell’inferno. Ma ha anche giustificato la sua controindicazione a livello di salute, indicando i problemi di digestione causati dalle fave e l’inclinazione che causavano a livello sessuale.

Quindi anche lui raccomandava d’astenersi dal consumarli per “mantenere puro il corpo e la mente“. Si ritiene che da queste dichiarazioni sulla credenza dell’origine impuro delle fave passò alla Grecia e da lì anche Pitagora lo acquisì.

Una delle leggende sulle fave e Pitagora è quella che Porfirio racconta in uno dei suoi scritti: trovandosi Pitagora a Taranto, vide un bue che mangiava fave da un campo. Quindi chiese al pastore che non lasciasse che l’animale lo facesse. Questo rispose ridendo di non conoscere la sua lingua, quindi Pitagora si avvicinò e sussurrò all’animale i suoi precetti e l’animale smise di mangiare fave.

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Per quanto riguarda alle fave, ci sono molte altre storie che raccontano fatti e detti sull’opinione di Pitagora riguardo a questo legume.

Uno dei più significativi è quello che successe nei momenti vicini alla sua morte, la cui data oggi non è determinata con certezza. Alcuni studiosi lo concretizzano nel 532 a. C. altri tuttavia nel 475 a. C.

Anche se, per lo più è concordato che fu circa il 508 a. C. dopo che la sua scuola fu violentemente attaccata dalla vendetta di un tale Cilone, un nobile ricco e potente, respinto da Pitagora per la sua tendenza alla violenza e alla tirannia. Quindi Pitagora (stimato più vecchio di 90 anni), dovette fuggire a Metaponto, una città dove morì con circa 94 anni.

Come diciamo, curiosamente, anche le fave sono presenti in questo momento cruciale della sua vita, si dice che durante la sua improvvisa fuga si rifiutò di attraversare un campo di coltivazione di fave e che ciò causò la sua morte poco dopo (alcune narrazioni invece dicono che ferito dai suoi persecutori e altri a causa dell’esaurimento e della tribolazione causati dall’attacco e dal successiva fuga).

Altre versioni della storia dicono che morì di fame a causa di una forte astenia probabilmente causata dal normale corso della sua età avanzata.

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